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Nato a gennaio del 1974 a Carpi, diplomato presso l’istituto G. Vallauri, si iscrive a Storia Contemporanea a Bologna. Ha svolto attività ricreative con l’Arciragazzi organizzando campi gioco e soggiorni estivi. Nel 1994 viene nominato segretario della Sinistra Giovanile, incarico che ricopre fino al 1997. Nel 2000 viene nominato responsabile organizzativo dei Ds, tre anni dopo viene eletto Segretario cittadino dei Democratici di Sinistra, carica che riveste fino alla fine del 2006. In Consiglio comunale ininterrottamente dal 1995 è stato capogruppo (anche nel consiglio delle Terre d'argine. Sposato con Valeria, ha un bambino, Giacomo, di tre anni. Nella Giunta Campedelli: Assessore con delega per le seguenti materie: Pianificazione Urbanistica – Edilizia Privata – Servizi Ambientali ed Energetici.

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mercoledì 31 marzo 2010
Ho letto oggi l'editoriale di CONCITA DE GREGORIO su l'Unità. Disegna uno stato d'animo e da una lettura anche tagliente sulle recenti elezioni regionali, che rispecchia in molte parti le mie riflessioni e le letture.

  • Riprendiamo da dove eravamo rimasti, ora che la notte è passata e la realtà si illumina. Il centrosinistra ha perso due regioni cruciali, il Piemonte e il Lazio: un colpo durissimo, per quanto la sconfitta sia stata di misura. Perdere di poco aggrava non allevia l'amarezza. Resta dunque compresso tra il Sud in mano alla destra, con la fulgida eccezione della Puglia, e il Nord dominato dalla Lega che cala verso il centro come una colata lavica inesorabile. I dati dell'Emilia dicono che - se non cambieranno le cose - sarà la prossima a tingersi di verde. Una tenaglia. Scrivevo ieri notte: il paese è stanco. Questo è un voto di delusione e di rabbia. È così: delusione e rabbia verso un centrosinistra che ha disatteso le aspettative. Che rispetto a quel che l'elettorato chiedeva non ha avuto abbastanza coraggio: di cambiare la sua classe dirigente, di puntare sul rinnovamento, su logiche nuove e non solo su somme aritmetiche di alleanze possibili, su un progetto chiaro semplice e alternativo che fosse anche - come dice Vendola - un nuovo «racconto». Anche un linguaggio diverso, certo. La delusione e la rabbia accomuna pezzi di elettorato distanti come i leghisti, i dipietristi, i sostenitori di Grillo. È un sentimento che cresce in provincia, nell'Italia profonda. Tra coloro che hanno votato Lega ci sono milioni di delusi dal Pd. «Si dedica agli ultimi e dimentica i penultimi, che siamo noi» dice uno di loro a Paolo Stefanini nel suo bel libro Avanti Po: ceti popolari, piccola borghesia. Tra gli elettori di Di Pietro ci sono milioni che trovano questo Pd troppo prudente, timido, troppo rivolto al centro di Casini. Moltissimi hanno trovato casa in una posizione ancor più netta, quella di Grillo. Tra le centinaia di mail arrivate ieri eccone una. Scrive Carla Ferrari: «Ho votato Grillo per stanchezza, per desiderio di cambiamento senza grosse aspettative, per dare un segnale al Pd, perché stanca dei soliti meccanismi di potere. Non credo che il Movimento 5 stelle abbia tolto la "manciata utile": se non ci fosse stato, non avrei votato. Lavoro in una biblioteca trasformata in istituzione dal sindaco Cofferati a fine mandato. Viviamo una situazione di abbandono senza precedenti dopo essere stati il fiore all'occhiello con Bologna capitale della cultura. Non riesco più a porgere l'altra guancia. Sono convinta che la manciata utile l'abbiano buttata nel cestino le mani che stanno smantellando il "modello emiliano" un pezzo alla volta, candidando personaggi impresentabili. A loro preferisco gli ingenui, gli inesperti: rappresentano di più il mio smarrimento, la mia confusione, il mio desiderio di cambiamento». Penso che questo sentimento di stanchezza e di rivolta, di delusione sia vastissimo. È quello che ha vinto le elezioni. Ora abbiamo davanti tre anni durante i quali questo governo proverà a dare il colpo finale al Paese a partire dalle riforme istituzionali. Ne cambierà i connotati. Una lunga marcia che esige che ci si attrezzi di quel che è mancato o non c'è stato abbastanza. Energie nuove, nuove logiche. Più idee, più concretezza, più visione. Più contatto con l'Italia reale, meno analisi a tavolino e più ascolto. Il coraggio di cambiare davvero. L'alternativa, dicono i nostri lettori, è andarsene: fisicamente altrove, o chiusi dentro. A voi la scelta. Noi restiamo.